È stato pubblicato in G.U. il D. Lgs. 25 maggio 2017, n. 90 di “Attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006”.
Il decreto riscrive integralmente, fra gli altri, il D. Lgs. n. 231/2007 in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, in attuazione della direttiva (UE) 2015/849 (c.d. IV Direttiva Antiriciclaggio).
Fra le tante novità il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 4 luglio, si preoccupa di definire:
- l’attività di riciclaggio, nella quale vi rientra:
- la conversione ovvero il trasferimento di beni allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita, qualora sia conosciuta la provenienza degli stessi da un’attività criminosa;
- l'occultamentoo la dissimulazione della provenienza, natura, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza della provenienza degli stessi da un'attività criminosa;
- l'acquisto, l'utilizzazione o la detenzionedi beni provenienti da un’attività criminosa, qualora sia nota al ricettore la provenienza degli stessi;
- la partecipazione ad uno degli atti di cui ai punti precedenti ovvero il tentativo o il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commettere il fatto.
- l’attività di finanziamento del terrorismo, nella quale vi rientra qualsiasi tipo di attività purché diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all'intermediazione, al deposito, alla custodia o all'erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, utilizzabili per il compimento di una o più condotte con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali, indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte suindicate.
- Gli obblighi di adeguata verifica della clientela
I soggetti obbligati alla verifica della clientela sono tenuti all’identificazione del cliente persona fisica attraverso il riscontro di un documento d’identità o di altro documento di riconoscimento.
Di particolare interesse sono però i criteri indicati – nel caso in cui il cliente sia una società – per individuare il “titolare effettivo” della stessa. Nello specifico, al fine di evitare che una società o un ente vengano utilizzati al fine di rendere più difficile l’individuazione di attività di riciclaggio e/o di finanziamento del terrorismo, la legge identifica i criteri da utilizzare nella individuazione del c.d. “titolare effettivo”.
Ai sensi dell’art. 1 del D. Lgs. 90/2017 è definito “titolare effettivo” la persona fisica (o le persone fisiche), diversa dal cliente, “nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita”.
Per i clienti societari, il nuovo art. 20 del D. Lgs. 231/2007 stabilisce che il parametro di individuazione del titolare effettivo è dato dalla detenzione di una partecipazione superiore al 25%, posseduta direttamente ovvero indirettamente, per il tramite di una società fiduciaria, controllante o per interposta persona. La titolarità effettiva, in altri termini, si riconduce alla persona fisica che risulta intestataria di una rilevante quota della società.
Nel caso in cui la individuazione della percentuale di partecipazione non sia determinabile a causa dell’assetto proprietario, il titolare effettivo dovrà essere identificato nella persona fisica che controlla la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ovvero disponga di voti sufficienti per l’esercizio di un’influenza dominante.